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giovedì 27 giugno 2013

Croazia nell'UE, ma a pezzi

di: Matteo Tacconi
Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Osservatorio Balcani e Caucaso

Una Croazia in ginocchio, colpita dalla crisi economica. Nonostante la gioia per l'ingresso nell'UE è questo il desolante quadro della situazione. Ma diventare 28mo membro dell'Unione potrebbe far cambiare qualche cosa. Un'analisi
La Croazia è a pezzi. Entra nell'Unione europea, il primo luglio, in quello che sotto il profilo economico è senza dubbio il momento peggiore della sua recente biografia nazionale. Da quando è scoppiata la crisi globale, nel 2008, il quadro complessivo è andato progressivamente peggiorando. I numeri fugano ogni dubbio, a partire da quelli relativi all’attività economica. In questi cinque anni è calata del 12%.
Le previsioni primaverili della Commissione europea, tra l’altro, indicano che il 2013 sarà un altro anno di recessione per la Croazia. Il suo Pil, nei prossimi dodici mesi, dovrebbe contrarsi di un punto percentuale. Nel 2014, invece, potrebbe tornare in positivo, seppure con ritmo anemico.
Anche gli altri valori macroeconomici lasciano perplessi. Il 2012 ha visto i consumi privati e la domanda interna contrarsi rispettivamente di tre e 2,9 punti. Mentre gli investimenti diretti hanno segnato il quarto anno consecutivo di contrazione, scendendo del 4,6%. Quanto alla disoccupazione, le stime provvisorie riportate dall’Ufficio statistico croato sono poco consolanti: 20,9%.

Cause esterne e interne

Ma quali sono, esattamente, le origini della severissima crisi che sta vivendo la Croazia? Ce ne sono di esterne, come di interne. Le prime fanno rima con Europa. La Croazia è legata alle economie comunitarie. Basta considerare che il 62% di quello che Zagabria importa e il 59,8% di quello che esporta viene dall’area UE o va verso di essa (dato 2011). A questo va aggiunto che tre dei paesi UE che registrano difficoltà particolarmente acute sono vicini della Croazia: Slovenia, Ungheria e Italia, con quest’ultima che ne risulta il primo partner commerciale, con un interscambio superiore a quattro miliardi di euro. Logico che la situazione traballante di questi paesi ha avuto impatti significativi sul fronte degli investimenti e delle importazioni.
Una Croazia in ginocchio, colpita dalla crisi economica. Nonostante la gioia per l'ingresso nell'UE è questo il desolante quadro della situazione. Ma diventare 28mo membro dell'Unione potrebbe far cambiare qualche cosa. Un'analisi
La Croazia è a pezzi. Entra nell'Unione europea, il primo luglio, in quello che sotto il profilo economico è senza dubbio il momento peggiore della sua recente biografia nazionale. Da quando è scoppiata la crisi globale, nel 2008, il quadro complessivo è andato progressivamente peggiorando. I numeri fugano ogni dubbio, a partire da quelli relativi all’attività economica. In questi cinque anni è calata del 12%.
Le previsioni primaverili della Commissione europea, tra l’altro, indicano che il 2013 sarà un altro anno di recessione per la Croazia. Il suo Pil, nei prossimi dodici mesi, dovrebbe contrarsi di un punto percentuale. Nel 2014, invece, potrebbe tornare in positivo, seppure con ritmo anemico.
Anche gli altri valori macroeconomici lasciano perplessi. Il 2012 ha visto i consumi privati e la domanda interna contrarsi rispettivamente di tre e 2,9 punti. Mentre gli investimenti diretti hanno segnato il quarto anno consecutivo di contrazione, scendendo del 4,6%. Quanto alla disoccupazione, le stime provvisorie riportate dall’Ufficio statistico croato sono poco consolanti: 20,9%.

Cause esterne e interne

Ma quali sono, esattamente, le origini della severissima crisi che sta vivendo la Croazia? Ce ne sono di esterne, come di interne. Le prime fanno rima con Europa. La Croazia è legata alle economie comunitarie. Basta considerare che il 62% di quello che Zagabria importa e il 59,8% di quello che esporta viene dall’area UE o va verso di essa (dato 2011). A questo va aggiunto che tre dei paesi UE che registrano difficoltà particolarmente acute sono vicini della Croazia: Slovenia, Ungheria e Italia, con quest’ultima che ne risulta il primo partner commerciale, con un interscambio superiore a quattro miliardi di euro. Logico che la situazione traballante di questi paesi ha avuto impatti significativi sul fronte degli investimenti e delle importazioni.

In viaggio verso la Croazia d'Europa

In viaggio verso la Croazia d'Europa

mercoledì 26 giugno 2013

Ivo Josipović: l'Unione europea è simbolo di pace

di Nicole Corritore
Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Osservatorio Balcani e Caucaso

Il prossimo primo luglio la Croazia entrerà nell'Unione europea. Un momento storico, un passo che allontana dalle tragedie degli anni '90 e porta ottimismo verso il futuro. Abbiamo incontrato e intervistato il presidente croato Ivo Josipović
Nella cornice della bellissima sede della presidenza a Pantovčak, che domina il centro storico della città di Zagabria, il presidente della Repubblica Ivo Josipović mi accoglie sorridente. Nonostante la fatica di questi giorni, colmi di incontri ufficiali con delegazioni istituzionali e giornalisti di tutto il mondo, non riesce a celare la sua soddisfazione per quello che avverrà il primo luglio. Un passo storico, non privo di difficoltà ma di cui dimostra essere sincero e convinto sostenitore.
La Croazia finalmente in Europa. Cosa porta in dote all'Unione?
Innanzitutto ciò che hanno portato anche altri paesi: l’allargamento del mercato, ricchezze culturali, bellezze ambientali e, ciò che forse in questo momento è di particolare importanza, un certo ottimismo. E’ un dato di fatto che il paese vuole entrare nell'Ue, sebbene ci sia la crisi, dimostrando che c’è fiducia nell’Unione. E questo perché noi in Croazia, forse più che in altri paesi già membri, diamo maggior rilievo e vediamo soprattutto l’originario ruolo di pacificatore che l’Unione ricopre, come era nell’idea di chi ne fondò il progetto dopo la Seconda guerra mondiale.
Siamo appena usciti da una guerra ed è per questo che tale sicurezza per noi significa molto. Ecco perché, inoltre, incoraggeremo e aiuteremo i nostri vicini affinché anch’essi entrino nell'Unione europea quanto prima.
Penso tutto questo rappresenti una buona dote. Naturalmente ci aspettiamo allo stesso tempo che l’Ue ci sostenga, non solo con gli aiuti finanziari previsti, ma anche con nuovi impulsi sul piano degli investimenti e dal punto di vista culturale. Vedo una comunità in cui entrambe le parti, anzi - essendo l’Unione un insieme di diversi stati – in cui noi daremo qualcosa a ciascun stato e da ciascuno di essi ci aspettiamo qualcosa. E' così che dovrebbe funzionare.
Qual è l'Unione a cui guarda la Croazia? Un'unione politica, cioè una federazione di stati...
L’Ue non è una classica federazione, sarebbe difficile asserirlo. L’Europa è ancora oggi un progetto in itinere. Esistono diverse visioni dell’Europa, ed è chiarissimo che la visione degli stati che ruotano attorno alla Germania è un po’ differente da quella dei paesi che sono sotto l’influsso della Gran Bretagna o, ancora, dei paesi scandinavi. Penso sia normale che esistano diverse concezioni ma che forse non si escludono a vicenda. Forse può esistere una direzione che potremmo chiamare “ via di mezzo”.
E’ molto difficile dire con quale velocità l’Ue si trasformerà in una nuova entità qualitativamente nuova, ma sono convinto che il futuro è “più Europa” e non meno Europa. Come credo che nell’intero processo la flessibilità sarà indispensabile. Lungo questo percorso alcuni paesi potrebbero accettare alcune cose prima ed altri accoglierle solo più tardi.
In questo sta la differenza dagli Stati Uniti d’America, con i quali spesso viene paragonato il futuro dell’Europa. Si deve ricordare innanzitutto che l’Europa non è nata da una situazione di guerra, sebbene è vero che sia nata dopo il Secondo conflitto mondiale anche come comune progetto di pacificazione. In secondo luogo è importante ricordare che, a differenza degli Stati Uniti d’America dove le identità degli stati si sono formate in modo del tutto peculiare, noi in Europa abbiamo nostre identità nazionali, le abbiamo volute, cercate e continuiamo a conservarle. Allo stesso tempo, però, vogliamo anche costruire una comune identità europea, e su questo piano esistono tra Ue e Usa chiare differenze nei tempi e nei modi organizzativi.
Cosa intende per “via di mezzo”?
Quando si parla di qualsiasi tipo di concezione, troveremo sicuramente qualcuno che sarà per un legame più forte, più veloce, mentre qualcun altro lo preferirà più lento e meno vincolante. Per questo motivo si è sempre alla ricerca di un compromesso. La capacità di raggiungere un compromesso è una grande virtù ed è una delle virtù che rende possibile mantenere unita la collettività.
Quindi non vede l’Europa come una federazione di stati che progressivamente cedono la propria sovranità ad istituzioni comuni?
Direi che si tratta di stati che progressivamente costruiscono funzioni comuni. Per cui l’Europa non è una forza estranea a cui si cede qualcosa. E’ un progetto comune. Essa si basa su di un accordo tra paesi e riguarda diverse funzioni che essi desiderano espletare insieme e altre che non desiderano fare insieme. Il ventesimo secolo ha portato, e ciò continuerà a svilupparsi sicuramente nel ventunesimo secolo, alla ridefinizione del concetto generale di sovranità. Parimenti, prevedo che si ridefinirà anche il concetto di comunità sovranazionale, cioè il loro significato rispetto al concetto classico di sovranità nazionale.
E quali problematiche porta la Croazia nell'Unione europea?
Tutti i paesi hanno problemi e ovviamente anche la Croazia. I nostri problemi sono abbastanza chiari. I più importanti che ci troviamo ad affrontare riguardano lo sviluppo economico, la disoccupazione e la crisi economica ma allo stesso tempo, a differenza di altri paesi europei, abbiamo anche dei pregi come ad esempio la sicurezza. Il nostro è un paese sicuro e tale resterà. Oltretutto siamo piccoli e possediamo quindi una maggior capacità di adattamento rispetto ad altri paesi Ue molto più grandi.
Con l'ingresso in Unione ereditate una grande responsabilità. Quella di avere un confine esterno dell'Unione molto impegnativo...
Certo. La nostra linea di confine sarà una tra le più estese frontiere che l'Unione avrà in assoluto. Confineremo in gran parte con la Bosnia Erzegovina, con la Serbia e a sud avremo un breve tratto di confine con il Montenegro. Ciò che mi auguro è che questo confine non diventi una specie di muraglia cinese ma che sia una porta che si può attraversare con facilità.
Questo ovviamente non dipende solo da noi, perché ora tale tema è di primaria competenza dell’Ue. Così come dipende anche dai paesi nostri vicini i quali dovranno impegnarsi a migliorare le loro condizioni dal punto di vista politico e tecnico perché si possa cominciare a parlare di flessibilità delle frontiere. Noi croati abbiamo avuto uno status che ci ha permesso di entrare liberamente con la carta d’identità in Italia, Slovenia e Ungheria e vorrei che avvenisse altrettanto per i nostri vicini. Ma dovranno lavorare perché avvenga e penso che lo faranno.
La Croazia entra nell'Unione europea 20 anni dopo aver condotto una lunga guerra, che è stata una guerra per l'indipendenza. Non temete di perdere parte della sovranità che avete conquistato?
No. Perché sta proprio qui la differenza fondamentale dell’Ue, in quanto progetto comune, rispetto ad uno stato classico. Nell’Ue esiste una certa flessibilità e, se qualcuno dovesse ritenerlo opportuno, vi è la possibilità di uscire in un modo diverso da come si potrebbe uscire da una classica collettività statale. Di nuovo, mi rifaccio al processo di ridefinizione delle collettività sovranazionali, rispetto alle classiche federazioni tra stati.
Ma non penso che si arriverà ma all'uscita di alcun paese dall'Ue. Vediamo che, nonostante la crisi, nessuno stato sta attivamente pensando e pianificando l'abbandono dell'Unione.
Lei ha compiuto passi importanti in direzione di una riconciliazione tra le diverse repubbliche ex jugoslave dopo i conflitti degli anni '90. L'incontro con il presidente Boris Tadić nel novembre del 2010, le sue dichiarazioni a Sarajevo davanti al Parlamento nell'aprile dello stesso anno; le scuse per il massacro di Ahmići. L'ingresso della Croazia nell'Unione può rappresentare un ulteriore passo avanti verso il superamento dell'eredità del passato recente della regione?
Sì, ne sono convinto. Nell’Ue avremo la possibilità persino di stimolare e allo stesso tempo soppesare i miglioramenti dei nostri vicini i quali a loro volta desiderano entrare nella comune casa europea. Noi abbiamo parlato molto chiaro, anche con una dichiarazione del parlamento: sosterremo i nostri vicini lungo la strada europea. E quando si è nelle condizioni di poter aiutare i propri vicini dal punto di vista politico e tecnico e di collaborare con loro, già si sta lavorando alla costruzione di vicinanza e sul miglioramento dei rapporti. Si costruisce una fiducia reciproca.
Sono certo che il nostro ingresso nell'Ue oggi e l’ingresso degli altri in un domani - non so dire quanti anni saranno necessari per ciascun singolo paese - senz’altro contribuirà alla stabilità e al mantenimento della pace.
Pensa dunque che lasciare fuori dall’Ue il resto di questa regione significhi mantenere uno stato di instabilità?
Assolutamente sì. Penso che qui si avrà la pace o, meglio, la pace duratura avrà più chance, se tutti i paesi della regione entreranno nell'Unione europea. Teoricamente, non è impossibile pensare che alcuni paesi non riescano a soddisfare determinati requisiti ma comunque continuino a vivere in armonia con i propri vicini, pur restando fuori dall'Ue. Tuttavia, penso che l’armonizzazione della giustizia, dell’economia e i confini aperti, significano molto per la stabilità e la pace.

lunedì 24 giugno 2013

Rassegna Stampa della settimana sulla Bosnia Erzegovina

Bosnia: funerali per la neonata con un nome ma senza identità
euronews
Ancora nessuna soluzione politica in Bosnia sulla vicenda del codice d'identità. Da quattro mesi i neonati che nascono nel Paese, per problemi etnici e legislativi, non ricevono il numero d'identità, un codice a tredici cifre che permette loro di avere ...
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Bosnia: bambina di tre mesi vittima delle liti tra politici
euronews
I leader della Repubblica Serba di Bosnia chiedono che la nuova legge conferisca ai propri cittadini numeri d'identità diversi da quelli della Federazione di Bosnia e Erzegovina, che riunisce croati e bosniaci. More about: Bosnia-Erzegovina, Minoranze ...
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Dalla Bosnia una spina tra le rose dell'arrivo della Croazia nell'Ue
EuNews
Il membro serbo della presidenza tripartita della Bosnia ha rifiutato di approvare un accordo di frontiera con la Croazia, mettendo improvvisamente in forse la cerimonia della firma di questo accordo domani a Bruxelles. La cosa non ha un'influenza ...
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Bosnia, esplode mina vicino a ragazzini: un morto, quattro feriti
L'Unità
Sarajevo (Bosnia-Erzegovina), 16 giu. (LaPresse/AP) - Un ragazzino è morto e altri quattro sono rimasti feriti in Bosnia, dopo aver accidentalmente azionato una mina mentre stavano giocando. Lo riferisce la polizia, spiegando che l'esplosione ha avuto ...
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Ue: Bruxelles, firma accordi Croazia-Bosnia su confini
ANSA.it
(ANSAmed) - BRUXELLES, 19 GIU - Luce verde agli accordi sulla gestione dei confini tra la Croazia e la Bosnia-Erzegovina, che faciliteranno la circolazione di merci e persone fra i due Paesi dopo l'adesione di Zagabria all'Ue il primo luglio, quando le ...
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Bosnia: partiti i voli di Wizz Air
EURegion.net
La compagnia aerea low cost Wizz Air ha inaugurato nei giorni scorsi i collegamenti con la Bosnia - Erzegovina: prima volo avviato, quello tra la città svedese di Malmo e Tuzla; i primi voli sono stati ritardati di qualche giorno a causa dell´elevato ...
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Bosnia: gioca con una bomba e muore
Ticino News
Bosnia: gioca con una bomba e muore. Un bambino di 10 anni è morto dopo aver trovato e attivato un residuato bellico. Altri quattro gravemente feriti. Un bambino di 10 anni è morto e altri quattro di età tra 12 e 14 anni hanno riportato ferite gravi ...
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Bosnia: andamento positivo per il settore turistico
EURegion.net
Secondo i più recenti dati pubblicati dall´Ufficio Federale di Statistica di Bosnia - Erzegovina, nel mese di aprile gli arrivi dei turisti hanno fatto registrare un balzo in avanti del 12,5 per cento su base annua e del 33,9 per cento rispetto al mese ...
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Funerali in Bosnia del bambino senza identità
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I genitori del piccolo erano stati costretti a portarlo in Serbia per le cure mediche del caso. In patria infatti, per una legge approvata a febbraio scorso, il bambino non aveva diritto alla registrazione anagrafica, e quindi ad accedere al servizio ...
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Bosnia-Erzegovina: “Beboluzione”
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A una settimana dall'inizio delle proteste davanti al parlamento di Sarajevo, i manifestanti che chiedono l'adozione del codice fiscale unico sono davanti al palazzo “e hanno scatenato una rivolta civile che cresce attraverso il paese ed è ormai la più ...
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Bosnia, Bulgaria: rimane alta la tensione nei Balcani - Infoaut
Articolo sulle tensioni politiche in Bulgaria e in Bosnia, ennesimi scoppi di mobilitazione contro la transizione post-comunista e la corruzione del sistema della ...
www.infoaut.org/.../8189-bosnia-bulgaria-rimane-alta-la-tensi...
Bosnia, esplode mina vicino a ragazzini: un morto, quattro feriti ...
'Bosnia, esplode mina vicino a ragazzini: un morto, quattro feriti' su Yahoo! Notizie Italia. Sarajevo (Bosnia-Erzegovina), 16 giu. (LaPresse/AP) - Un ragazzino è ...
it.notizie.yahoo.com/bosnia-esplode-mina-vicino-ragazzini-un...

lunedì 17 giugno 2013

Sarajevo, voglia di primavera da Osservatorio Balcani e Caucaso (OBC)

La manifestazione di fronte al Parlamento bosniaco martedi 11 giugno (Foto Andrea Rossini) 
La manifestazione di fronte al Parlamento bosniaco
 martedi 11 giugno (Foto Andrea Rossini)


Andrea Rossini:
Migliaia di persone hanno dimostrato ieri di fronte al Parlamento bosniaco nella più grande manifestazione dall'inizio delle proteste. Damir Imamović, il popolare musicista sarajevese, partecipa al movimento. Nostra intervista
Un cordone di polizia impedisce ai manifestanti di raggiungere il piazzale su cui si affacciano le sedi di governo e parlamento. La gente si assiepa sulla scalinata e nella Zmaja od Bosne, la grande arteria che collega il centro storico di Sarajevo con i nuovi quartieri e l'aeroporto. Intorno alle 14 ci sono circa 5.000 persone, ma il numero è in crescita e non sono ancora arrivati i dimostranti da Zenica e altre città. Nella “bebolucija”, così i media locali hanno definito il movimento di protesta contro l'incapacità dei politici di risolvere la questione della registrazione anagrafica dei nuovi nati, ci sono soprattutto giovani, in gran parte studenti. Tutte le fasce di età sono però ben rappresentate. Forte è la presenza di mamme, venute a protestare con i propri bimbi, e di pensionati, che discutono in capannelli. Gruppi di lavoratori, in particolare tassisti, mostrano la propria solidarietà con caroselli di macchine che si avvicinano ai manifestanti.
Bebolucija
Il simbolo delle proteste è un ciuccio con il pugno chiuso, nuova icona nella stagione europea di occupy. Il clima appare festoso, senza momenti di tensione. Ci sono le maschere di Guy Fawkes e le inevitabili citazioni della cinematografia jugoslava anni '70 (“Sono tornato. Firmato: Valter” e “I parlamentari corrono l'ultimo giro”). L'atteggiamento dei manifestanti è tuttavia determinato. Gli slogan sono contro il nazionalismo e in particolare contro i politici, ritratti con maschere di cartapesta e cartelloni colorati. Nella piazza cala il silenzio quando sale al microfono Damir Imamović, il popolare musicista e interprete di sevdah che fin dall'inizio partecipa al movimento. La gente lo segue prima distrattamente mentre, accompagnandosi con la chitarra, intona canzoni di band sarajevesi, prima gli Ambasadori, Zemljo moja , e poi gli Indexi, Da sam ja netko . Poi i manifestanti si bloccano per cantare all'unisono quando Imamović accenna le prime note di una sevdah, Srdo moja

Damir Imamović 

Damir Imamović (Sarajevo, 1978), musicista, è attualmente uno dei principali interpreti della sevdah, genere tradizionale che affonda le proprie radici nella regione balcanica. Dopo aver pubblicato due dischi con il Damir Imamović Trio e altri due dischi da solo, ha attualmente dato vita ad un nuovo progetto musicale, il Damir Imamović Sevdah Takht, con Ivan Mihajlović (basso) e Nenad Kovačić (percussioni), per esplorare ulteriormente la sevdah secondo un continuo processo di apprendimento e ricerca.
Perché hai scelto proprio questa sevdah?
Ha un messaggio molto semplice, dice “Srda mia, non litighiamo”.
Quali sono gli obiettivi di queste manifestazioni?
L'obiettivo non è cambiare il governo o fare una rivoluzione, ma fare capire a chi ci governa che non è più possibile giocare la carta del nazionalismo, accusarsi a vicenda per il fatto di avere una diversa appartenenza etnica, religiosa o nazionale. Queste manifestazioni sono cominciate perché non riuscivano ad accordarsi tra di loro neppure per risolvere un problema così semplice come quello dell'assegnazione dei numeri identificativi, che servono ai nuovi nati per avere i documenti di identità. Questo ha messo a rischio le vite dei bambini, ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
È possibile che un movimento possa sbloccare l'attuale situazione politica bosniaca?
La nostra pressione ha già raggiunto dei risultati, siamo già riusciti a provocare un intervento da parte dei politici. Naturalmente non è sufficiente. I politici hanno elaborato una soluzione temporanea alla questione dell'assegnazione dei numeri identificativi, ma devono risolverla in maniera definitiva. È certo che non risponderanno subito alle nostre sollecitazioni.
Le manifestazioni di questi giorni potrebbero rappresentare l'inizio di una primavera bosniaca?
Lo spero. Ma non credo che il nazionalismo e l'odio etnico scompariranno in uno o due giorni. Neppure in un anno.
Quali sono le differenze tra questo movimento e altre mobilitazioni simili che si sono verificate in Bosnia in passato?
Alcuni media si sono schierati chiaramente dalla nostra parte, dalla parte dei cittadini, e inoltre la comunicazione via internet sta funzionando molto bene. Siamo riusciti a contrastare la prima ondata di attacchi che cercavano di dividere le mobilitazioni sulla base delle diverse appartenenze nazionali, cosa che in passato era avvenuta con successo. Oggi abbiamo qui persone che vengono da ogni parte della Bosnia Erzegovina, attivisti delle organizzazioni più diverse, e la cosa importante è che si tratta di un movimento genuinamente di base, nessuno sta cercando di cavalcarlo. Questo rende più difficile l'organizzazione, ma stiamo facendo tesoro dell'esperienza dei movimenti di occupy.
Quali sono le tue motivazioni personali per partecipare a questo movimento?
Ho deciso di partecipare dal primo giorno perché ho sentito che si trattava di un movimento che cercava davvero di creare unità, non divisione. Io sono un musicista che lavora nel contesto della musica tradizionale di questa regione, credo che sia mio dovere far sentire la mia voce. E sostenere questo movimento, quanto possibile.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Osservatorio Balcani e Caucaso

venerdì 14 giugno 2013

Rassegna Stampa della settimana sulla Bosnia Erzegovina



Bosnia, la rivolta dei passeggini
Il Secolo XIX
Sarajevo - Hanno accerchiato il parlamento di Sarajevo. Urlando e piangendo. D'altronde, nei loro passeggini, i figli di Bosnia che la Bosnia sembra non volere, possono fare poco altro. Agli slogan e ai cartelli ci pensino mamma e papà. I bebé senza ...
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Bosnia, proteste contro stallo burocratico: la norma c'è, ma solo per ...
euronews
Governo sotto assedio in Bosnia, e ministri costretti a lasciare l'edificio in tarda serata, passando in mezzo al sit-in dei contestatori. Che alla fine l'hanno spuntata, ma solo in parte: l'esecutivo ha varato una norma-tampone, un provvedimento in ...
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Bosnia, distrutte le armi sequestrate ai privati
euronews
Le autorità della Bosnia Herzegovina hanno distrutto oltre 700 armi da fuoco nel quadro di un programma che punta a eliminare gli arsenali utilizzati durante la guerra civile degli anni 90. Le armi sono state sequestrate nel corso degli ultimi due anni ...
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Bosnia, manifestanti assediano Parlamento: deputati liberati dopo ore
Tiscali Europa
Sarajevo (Bosnia-Erzegovina), 7 giu. (LaPresse/AP) - Parlamento di Sarajevo sotto assedio per oltre mezza giornata. Circa 1.500 persone, tra deputati, dipendenti e ospiti stranieri, erano rimaste intrappolate all'interno dell'edificio, dopo che il ...
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Bosnia-Erzegovina: in piazza per una legge che garantisca i ...
euronews
"Vent'anni dopo la guerra – aggiunge esasperata Enesa Smajic, studentessa di Travnik -Bosnia e Erzegovina non hanno fatto un passo in avanti ma ogni giorno si va sempre più indietro". Per i serbi il codice deve comunque contenere il territorio di ...
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Bosnia. Neonati senza documenti d'identità. Si allarga la rivolta dei ...
Dazebao
SARAJEVO – In piazza per chiedere che vengano rilasciati i documenti di identità ai loro neonati. Questo il motivo della manifestazione in Bosnia Erzegovina, e più precisamente a Sarajevo, dove centinaia di persone si sono adunate davanti al Parlamento ...
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Bosnia: 3.000 persone formano una catena umana di fronte al ...
Master Viaggi
Circa 3.000 persone hanno formato una catena umana di fronte al parlamento della Bosnia, a Sarajevo, impedendo a centinaia di persone tra politici e lavoratori civili di uscire dall'edificio: i manifestanti hanno intenzione di dimostrare la loro rabbia ...
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Bosnia: da Stati Uniti nuovo appello per le riforme
EURegion.net
Una nuova esortazione alla Bosnia - Erzegovina a proseguire le riforme per poter compiere passi in avanti nei processi di integrazione Nato e UE è arrivata nei giorni scorsi da parte di Philip Reeker, vice assistente segretario al Dipartimento di Stato ...
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Bosnia, nuove proteste contro governo davanti a Parlamento di ...
LaPresse
Sarajevo (Bosnia-Erzegovina), 10 giu. (LaPresse/AP) - Continuano le proteste antigovernative in Bosnia-Erzegovina. Centinaia di persone hanno marciato oggi nelle strade di Sarajevo fino alla sede del Parlamento. I manifestanti chiedono che i politici ...
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Bosnia Erzegovina, l'inizio della primavera?
L'Indro
Sarajevo – Le proteste sono cominciate mercoledì scorso. E ieri, a Sarajevo, hanno manifestato in diecimila. Cifre mai viste nella storia della Bosnia Erzegovina dopo il conflitto degli anni novanta, impensabili fino a qualche giorno fa. Prima dei ...
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Café Humanité: IN 3000 CIRCONDANO PARLAMENTO IN BOSNIA ...
La Bosnia è uno dei paesi piu' "ipergovernati" del mondos. E' composta da 2 mini -stati semiautonomi , ognuno con un suo presidente, governo e parlamento.

martedì 11 giugno 2013

Sarajevo: avanti con le proteste

E' il settimo giorno di proteste davanti al Parlamento della capitale bosniaca. Centinaia di cittadini e cittadine, provenienti da diverse città del paese, continueranno la protesta finché non verrà approvata la legge nazionale sul numero di identificazione personale senza il quale i bambini nati da febbraio in poi non possono ottenere i documenti d'identità.
Il 5 giugno nella piazza davanti al Parlamento, c'erano 300 manifestanti. Due giorni dopo erano decuplicati: madri con bambini nei passeggini, giovani, anziani, donne e uomini, attiviste e attivisti di associazioni, semplici lavoratori. Ma poi anche artisti, componenti di band musicali, intellettuali.
Da due giorni esiste un profilo Facebook. Conta già più di 5.000 like e l'appello è: "Non recediamo dalle nostre richieste: l'approvazione della legge sul JMB e la costituzione di un fondo di solidarietà per i casi come Belmina nel quale si dovrà versare il 30% degli stipendi di parlamentari e ministri". Altrimenti si protesterà ad oltranza.
E' Belmina la miccia che ha fatto partire le proteste. Nata tre mesi fa, gravemente malata, necessita di intervento sanitario urgente all'estero. Ma senza il Jedinstveni Matični Broj Gradjana (JMBG), cioè il numero di registrazione nazionale della sua nascita non può ottenere documenti di identità e quindi nemmeno il passaporto.
Una protesta che in sei giorni ha superato i confini di Sarajevo. Come un'onda inarrestabile ha risvegliato l'opinione pubblica e la società civile di diversi luoghi del paese, che hanno organizzato proteste nelle loro città o sono partiti alla volta di Sarajevo.
Sostegni alle proteste sono man mano arrivati dall'estero: da paesi della regione sudest europea come Serbia, Croazia e Macedonia, ma anche da paesi dell'Ue, dall'Africa e dagli Stati Uniti.
Oggi è prevista una manifestazione di massa con inizio alle ore 12.00 in Trg Bosne i Hercegovine. Ad essa si affianca il sostegno di 1.500 tassisti, che partiranno alle 11.00 con le loro auto di servizio dal quartiere di Marijin Dvor per raggiungere gli altri manifestanti.
"Ai politici che ci dicono di aspettare le elezioni del 2014 possiamo solo rispondere: non abbiamo più da attendere nulla! Il vostro (non) lavoro pesa sulla nostra vita, e la vita non aspetta il 2014" recita il comunicato stampa dell'iniziativa che da pochi giorni ha preso il nome di JMBG za sve #jmbg za sve ", "JMB per tutti".
"Invitiamo tutti i cittadini e le cittadine della Bosnia Erzegovina a uscire in strada e non aspettare il 2014 - prosegue il comunicato stampa - perché i politici che non hanno approvato la legge stanno violando il diritto inalienabile di tutti i bambini del paese e se si protesterà tutte e tutti uniti e solidali, dopo 20 anni di gestione irresponsabile del paese i politici dovranno rispondere".
Il video, realizzato con fermo-immagini delle proteste, è accompagnata da una canzone nata in questi giorni: "Non rinuncio al JMBG"
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=5XlEFU-ip3I#!

 Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Osservatorio Balcani e Caucaso

venerdì 7 giugno 2013

Sarajevo, il parlamento sotto assedio

Sarajevo, il parlamento sotto assedio
Dani, uno dei principali settimanali bosniaci titola in prima pagina: I bambini vittime della politica. Vergognatevi!


Sarajevo, il parlamento sotto assedio
Più di tremila persone hanno circondato ieri il Parlamento della capitale bosniaca. Domandano la rapida soluzione della controversia riguardante il numero di identificazione personale, che ha lasciato senza documenti di identità i bambini nati da due mesi a questa parte
All’inizio, mercoledì, non erano in molti. Solo una trentina di persone, decise a manifestare di fronte al Parlamento della Bosnia Erzegovina per una situazione ormai divenuta intollerabile per molte famiglie.
A febbraio, la Corte Costituzionale ha sospeso la legge sui nuovi numeri d’identificazione personale per i cittadini di Bosnia Erzegovina. Il motivo? Secondo Milorad Dodik, il leader dell’SNSD e presidente della Republika Srpska, era inaccettabile che all’interno della normativa, per alcuni comuni appartenenti all’entità serba, venisse mantenuta la doppia denominazione, quella serba e quella bosgnacca, in vigore prima della guerra e poi ufficialmente abbandonata.
La massima autorità giudiziaria del Paese aveva dato ragione a Dodik, annullando di fatto la validità della legge. Ma senza dare ulteriori indicazioni. La politica, come spesso succede in Bosnia Erzegovina, ha preferito procedere per inerzia, senza approvare alcuna nuova legge e cercando di ignorare il problema. Il risultato è che, da metà febbraio, i nuovi nati nel Paese non hanno diritto a un codice di identificazione personale.
Quella che evidentemente agli occhi dei politici bosniaci è una semplice formalità burocratica, in realtà, è di vitale importanza per ogni comune cittadino. Senza codice, impossibile pensare di ottenere i propri documenti personali. Per una madre, significa non poter aver diritto all’indennità di maternità. La protesta è cominciata mercoledì, quando un gruppo di persone ha cercato di denunciare la situazione della piccola Belmina Ibrišević, bisognosa di cure all’estero ma di fatto impossibilitata, senza documenti, ad attraversare la frontiera.
Il Parlamento ha deciso di correre precipitosamente ai ripari e ha messo una toppa per cercare di risolvere il problema, approvando una legge provvisoria che regolasse la questione per 180 giorni. Ma apparentemente non è bastato. E così molti, tra quelli che manifestavano mercoledì, hanno deciso semplicemente di non andarsene, e di stabilirsi di fronte al palazzo del Parlamento proprio come avevano fatto, all’inizio del 2012, i veterani che cercavano di difendere il proprio diritto alla pensione.

Il contributo dei media

Nel pomeriggio di giovedì, i manifestanti erano passati da trecento a tremila. Senza dubbio, la motivazione della protesta (la difesa dei diritti di una delle categorie più deboli della popolazione, gli infanti) ha contribuito a creare “massa critica” attorno all’evento. Anche i giornali bosniaci, però, sono stati determinanti nell’alimentare la partecipazione popolare, dando fin dal primo momento un enorme risalto a quella che si è poi trasformata in una sorta di “Occupy Sarajevo”.
All’insoddisfazione popolare, legittima dopo vent’anni di malgoverno, si sono aggiunte le immagini che in questi giorni da Istanbul e Ankara vengono ritrasmesse in tutto il mondo. “Ciò che succede in Turchia ci ha sensibilizzato. È passato molto tempo dall’ultima volta che i cittadini bosniaci hanno manifestato in strada”, ha dichiarato uno dei primi manifestanti, Aldin Arnautović, padre di un bambino di otto anni, all’agenzia Anadolija: “Abbiamo preso questa decisione perché siamo stanchi di promesse non mantenute e perché crediamo che le cose possano cambiare. Non si può sempre attendere che 10.000 persone manifestino tutte insieme contro il governo. Bisogna pur cominciare da qualche parte, o le cose non cambieranno mai”.
Spinte dalla propria convinzione, spossate dall’inefficienza della classe politica, e un pizzico stuzzicate, probabilmente, dalla volontà di emulare le gesta delle piazze turche, migliaia di persone hanno così deciso di serrare un cordone umano attorno all’assemblea parlamentare. Al grido di “siamo cittadini, non parlamentari”, “per voi non siamo nemmeno un numero” e “vogliamo un’identità, non le entità” i cittadini di Sarajevo hanno lanciato un diktat tanto semplice quanto efficace: nessuno esce di qui finché non sarà approvata una legge definitiva sui codici di identificazione personale. Richiesta alla quale poi se n’è aggiunta un’altra: la creazione nel bilancio pubblico di un apposito fondo per la cura dei malati gravi, al quale i parlamentari dovrebbero devolvere il 30% dei loro stipendi.
Le scene che sono seguite all’annuncio entreranno a buon diritto nel novero dei momenti più surreali che la capitale bosniaca abbia vissuto nella sua storia recente: alle quattro del pomeriggio il sindaco di Sarajevo, Ivo Komsić si univa ai manifestanti dichiarando il proprio sostegno “ai millecinquecento neonati di Sarajevo”, e invitando a proseguire la lotta. Le persone prigioniere nell’edificio (politici, ma anche funzionari e trecentocinquanta stranieri che in quel momento stavano partecipando a un’Assemblea del Fondo Europeo per l’Europa Sudorientale) hanno prima chiesto cortesemente di uscire; poi, intuendo la vanità dei propri sforzi, hanno cercato – per lo più inutilmente – di darsi alla fuga, uscendo dalle finestre o da porte secondarie. Bloccati nel Parlamento, i deputati serbo bosniaci si lamentavano del fatto che la manifestazione rappresentasse una chiara dimostrazione di ostilità nei loro confronti, e invocavano l’intervento della polizia “amica” di Sarajevo ovest, la parte della città sotto l’amministrazione della Republika Srpska.
Lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri, Vjekoslav Bevanda, ha in effetti richiesto l’uso della forza e l’intervento della polizia. Ma alle sue parole hanno fatto eco in serata quelle, risolute, di Fahrudin Radončić, ministro della Sicurezza: “Nessuna violenza verrà usata contro i cittadini”, ha assicurato. Così, poco dopo la mezzanotte di giovedì, i manifestanti erano asserragliati attorno al Parlamento, impedendo ai loro ostaggi di uscire. La situazione si è sbloccata solo alle 4 del mattino, quando grazie ad un accordo raggiunto con l'Alto rappresentante Inzko i rappresentanti politici e gli stranieri sono riusciti ad uscire dal Parlamento.

Il richiamo al dialogo

Nella serata di ieri sono arrivate anche le reazioni della comunità internazionale, che attraverso i suoi principali rappresentanti ha cercato di invitare i cittadini alla ragionevolezza: “I cittadini di Bosnia Erzegovina hanno il diritto di esprimere le loro opinioni in modo pacifico e dignitoso, secondo la Costituzione” ha sottolineato l’Alto Rappresentante Internazionale, Valentin Inzko “nel parlamento e nel governo del paese vi sono ancora i meccanismi atti a risolvere questo problema, i politici ora hanno la possibilità di affrontarlo rapidamente”. L’UE, attraverso il suo portavoce Andy McGuffie, ha sottolineato “la responsabilità di ognuno” affinché “le tensioni non aumentino”.
Anche Banja Luka, il capoluogo dell’entità serba, è stato protagonista ieri di un’altra protesta, passata in secondo piano dopo gli avvenimenti del pomeriggio a Sarajevo. Centinaia di studenti dell’università locale hanno contestato la mancanza di alloggi universitari, manifestando nella mattinata contro Milorad Dodik e la sua promessa, mai mantenuta, di costruire un quarto padiglione all’interno del campus universitario. Nel paese sono sempre più i cittadini che cominciano a contestare la propria classe politica: se questo però significherà automaticamente l’inizio della tanto attesa “primavera bosniaca” resta tutto da vedere.

Cooperazione: in Molise progetto accoglienza minori Bosnia

Cooperazione: in Molise progetto accoglienza minori Bosnia - Cooperazione Internazionale

(ANSA) - CAMPOBASSO, 4 GIU - Assistenza specialistica gratuita ai bambini della Bosnia che trascorreranno le loro vacanze estive in Molise, ospiti delle famiglie che aderiscono all'iniziativa delle associazioni ''Molise sorriso onlus'' e ''Luciano Lama onlus''.

Anche quest'anno, dunque, l'Ordine dei medici di Campobasso ha deciso di contribuire al progetto di accoglienza e cooperazione internazionale che prevede l'ospitalita' temporanea di minori bosniaci a fini sociali.

I bambini, come avviene da anni, trascorreranno le loro vacanze presso famiglie molisane che, oltre alle spese di viaggio, assicureranno vitto e alloggio gratuiti per tutto il periodo di soggiorno. (ANSA).

Serbia: crimini in Bosnia, Tpi assolve ex capo intelligence

Serbia: crimini in Bosnia, Tpi assolve ex capo intelligence - ASCA.it


 
Serbia: crimini in Bosnia, Tpi assolve ex capo intelligence

Serbia: crimini in Bosnia, Tpi assolve ex capo intelligence

(ASCA-AFP) - L'Aia, 30 mag - Il Tribunale penale internazionale (Tpi) ha assolto l'ex capo dell'intelligence serba Jovica Stanisic e il vice di allora, Franko Simatovic, dalle accuse di crimini di guerra e contro l'umanita' per aver montato le squadre della morte durante il conflitto di Bosnia dei primi anni '90.

''La Corte ha concluso che il processo non ha provato al di la' di ogni ragionevole dubbio che gli accusati abbiano pianificato o ordinato i crimini di cui erano accusati'', ha sentenziato il giudice olandese Alphons Orie in un'udienza pubblica a L'Aia, ordinando inoltre l'immediato rilascio degli imputati.

Bosnia: investimenti UE nello sviluppo del turismo

Il sito dell'Euroregione - Bosnia: investimenti UE nello sviluppo del turismo

Bosnia, a Prijedor fasce bianche in memoria di 3mila vittime

Prijedor (Bosnia Herzegovina), 31 mag. (LaPresse/AP) - Centinaia di persone si sono radunate oggi a Prijedor, nel nord della Bosnia, per commemorare le oltre tremila vittime morte durante l'occupazione della città da parte delle forze serbe all'inizio della guerra del 1992-1995. La commemorazione di oggi è nota come Giornata delle fasce bianche e tutti i partecipanti indossavano infatti al braccio una fascia bianca per ricordare il 31 maggio del 1992, giorno in cui i serbi ordinarono ai musulmani di Prijedor di rendersi riconoscibili esponendo alle finestre uno straccio bianco o indossando una fascia bianca al braccio. Prijedor si trova nella Repubblica serba di Bosnia e la manifestazione di oggi costituisce anche una protesta contro le autorità serbe in città, che continuano a negare che 20 anni fa siano stati commessi crimini di guerra e solitamente vietano raduni commemorativi del genere impedendo anche di costruire monumenti in ricordo delle vittime.