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venerdì 14 settembre 2007

Ilaria di UNAMANO: Skahovica, Agosto 2007.

Ilaria del comitato UNAMANO ha scritto ed io pubblico:

La settimana estiva a Skahovica è stata per me la prima “vera” esperienza bosniaca. Già in occasione della Maratona dello scorso anno avevo visto la Bosnia ma, solo ora me ne rendo conto, non l’avevo davvero vissuta. Dato che a settembre 2006 un assaggio l’avevo già avuto, il primo impatto con Skahovica e la sua gente non è stato “traumatico”. A causa della mancanza d’acqua nella scuola, usuale accampamento durante il campo estivo, noi di Unamano siamo stati ospitati in una casa del villaggio. Questo inconveniente mi ha privata dell’esperienza campeggistica degli altri anni: niente materassini e sacchi a pelo, nessun problema con l’acqua e nessun bambino urlante che cerca di sfondare la porta della scuola di prima mattina. Ma mi (ci) ha regalato un’inaspettata amicizia. Due ragazze di Skahovica (Dina, che ci ospitava a casa sua, e Nihada, che ci aiutava con le traduzioni bosniaco-italiano) sono rimaste con noi per tutto il tempo nel corso della settimana. La convivenza, segnata da un reciproco adattamento alle diverse abitudini ed esigenze, è stata l’occasione per legare ancora di più l’Italia e la Bosnia, non solo con gemellaggi formali ma anche con vere amicizie, che vanno al di là del volontariato. Spero davvero che questo legame che si è creato tra noi e le ragazze possa arricchire e stimolare ancor più non soltanto i diretti interessati, cioè noi, ma anche tutti coloro, italiani e bosniaci, che lavorano a e per Skahovica (e naturalmente la Bosnia intera).

Dopo quasi un anno ho rivisto i bambini di Skahovica e in questa occasione ho potuto anche conoscerli. Ricordo che a settembre dello scorso anno lo sguardo è stato la prima cosa di loro che mi ha colpita. Occhi azzurrissimi o di un marrone intenso che ti catturano con aria di sfida; sguardi intensi, provocatori e pieni di vita. Così sono i bimbi di Skahovica. In un primo momento si avvicinano incuriositi, prorompenti, quasi aggressivi gridando “italianskiiii”. E poi, con la stessa energia con cui all’inizio ti gridavano in faccia o magari ti colpivano con un pugno, ti abbracciano e ti sorridono, ti chiedono se vuoi giocare a palla con loro.

Uno dei nostri “compiti” durante la settimana estiva è proprio l’animazione con i bambini (quest’anno siamo stati aiutati dai volontari italiani che operano a Gornja Orahovica, un villaggio poco distante da Skahovica, e alcune ragazze bosniache); si canta (la maggior parte delle volte in una lingua che è un misto tra bosniaco e italiano), si gioca, si urla tantissimo, ma soprattutto ci si diverte (sia noi che i bambini!).

Anche a Skahovica, come ovunque nel mondo, c’è chi sta meglio e chi peggio. C’è chi ha la fortuna di lavorare all’estero e di poter quindi mantenere discretamente la famiglia in Bosnia, chi il lavoro non ce l’ha proprio. Purtroppo, però, quelli che vivono in situazioni disagiate sono la maggior parte. Durante la settimana abbiamo visitato molti casi sociali (ovvero persone con problemi economici, di salute, ...) e alcuni sono davvero gravi. Inutile dire che tutti mi hanno colpito profondamente, mi hanno fatto riflettere su molte cose di me e della mia vita; ma forse le particolari condizioni di Menissa, una ragazza di 32 anni, e la sua strana malattia, hanno lasciato in me il segno più profondo. Da quando aveva 15 anni convive con un male che non si è ancora riusciti a diagnosticare: cause ancora sconosciute le provocano frequenti svenimenti. Inizialmente, anni fa, questi erano sporadici, accadevano all’improvviso ma raramente. Ora invece Menissa sviene quasi ogni ora. Si può solo immaginare gli effetti psicologici, oltre ovviamente a quelli fisici, che questa sua condizione provoca in lei. Si aggiunga a tutto questo una situazione economica familiare molto precaria e povera. Anche il giorno in cui siamo andati a trovarla, Menissa è svenuta proprio davanti a noi. Non credo dimenticherò mai quel momento.

Oltre alle singole difficili realtà delle varie famiglie del villaggio, ci sono alcuni problemi che interessano Skahovica intera. Per la mancanza di un valido acquedotto ad esempio, molte parti del paese non sono raggiunte dal sistema di tubature e così moltissime famiglie sono costrette a vivere senza acqua corrente in casa.

In queste condizioni, spesso di notevole disagio, tutti nel villaggio si aiutano comunque a vicenda; chi ha qualcosa in più degli altri sostiene economicamente, ma non solo, chi invece in quel momento è in difficoltà.

In disaccordo con questo clima di reciproca collaborazione e sostegno tra gli adulti, ma anche tra i bambini di Skahovica, è il comportamento che ho visto da parte di quest’ultimi nei confronti dei bambini rom (che abitano con le loro famiglie all’inizio del villaggio). L’ultimo giorno di animazione, hanno partecipato ai giochi anche i bambini rom che durante la settimana non erano mai venuti. Gli altri del villaggio di Skahovica non hanno però voluto in alcun modo (nonostante parecchia insistenza da parte nostra) prenderli per mano o disegnare seduti al loro fianco: i bambini “bosniaci” da una parte e i rom dall’altra. Ovviamente il comportamento dei bambini è conseguenza di un certo modo di porsi da parte delle famiglie nei confronti dei rom. Questo significa che l’integrazione e la convivenza su cui lavorare non deve essere soltanto quella tra serbi e mussulmani, ma quella tra tutte le etnie presenti in Bosnia. La strada da compiere è ancora lunga...

Questa settimana mi ha regalato davvero molto. Ho conosciuto e visto da vicino altre realtà, culture, persone, cibi, tradizioni, modi di pensare e di agire. Mi sono sentita così bene durante e dopo quest’esperienza, che sono arrivata a chiedermi se ho intrapreso questo “viaggio”, fisico ma non solo, in Bosnia per aiutare le persone di quel paese o se inconsciamente l’ho fatto anche per me stessa. La risposta non l’ho ancora trovata, ma credo che in fondo questo non abbia davvero importanza.


Ilaria

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